L’incredibile spetaculo de la vida!
L’incredibile spetaculo de la muerte!
C’era una volta una casa, c’era una volta una maga, una donna, una madre, c’era una volta una casa in cui abitavano una donna con le sue due figlie, c’era una volta una casa, pronta a diventare teatro, testimone e voce narrante di questa storia.
C’era una volta l’America e prima ancora c’era la Russia. Cardospina, la casa errante, è una storia americana. È una storia di immigrazione; ci presenta l’America come quel pentolone di mescolanze che è, che era e che si è dimenticato di essere. Una mescolanza di sogni cullati su nave e di fantasmi che affondano le loro radici in Europa, e che lo scorrere del tempo porta a dimenticare.
Tutto è immigrazione, a partire dal cardo, il rotolacampo, il simbolo per eccellenza del Vecchio West, un simbolo americano, immigrato, anche lui, dalla Russia, nascosto tra i semi di lino.
È così anche Baba Yaga, simbolo del folklore dell’est europeo: sbarca in America, o meglio, non lei, il suo sangue, o ancora meglio, la sua casa.
Cardospina, la casa di Baba, la casa che corre su due zampe di gallina, la dimora senza indirizzo, arriva in America, in un container per i trasporti navali al porto di New York, eredità europea per due giovani americani fratelli, Isaac e Bellatine Yaga.
Cardospina è la storia del passato che si perpetra, di ciò che ci portiamo nel sangue e che ci appare dimenticato, siamo solo incroci di vite accadute prima di noi, il passato non si dimentica, lo portiamo scritto nel colore degli occhi, nella forma della bocca, nei palmi delle mani, che ritroviamo identici in vecchie foto ingiallite, di chi è vissuto prima di noi.
Isaac e Bellatine Yaga sono nati in America, come i loro genitori, ma hanno radici lontane, lontane come le origini delle marionette del loro teatro.
I bambini vivono un’infanzia fatta di lunghe tournée, seguendo i genitori nella gestione degli spettacoli teatrali delle marionette. Un’infanzia di grandi silenzi nella sacralità della sala buia.
I fratelli Yaga però hanno delle capacità, delle doti tutte loro, e differenti modi di utilizzarle.
Isaac, misterioso e camaleontico uomo sempre in fuga, verso qualcosa, dentro e fuori di sé, verso gli altri, dentro e fuori di loro.
Capace di imitare le forme di chiunque, abbandona presto la vita del teatro delle marionette e diventa un vagabondo, tra piccoli furti e un’esistenza sui binari, esibisce in strada le sue doti d’attore.
Bellatine invece si nasconde, nasconde le sue mani, e vive un’esistenza in passivo, lontana dagli altri quel che basta per convincere sé stessa di avere una vita normale, priva di stranezza. Per avere sempre il controllo, per non chiedere mai aiuto, per affermare di avere il controllo sulle sue mani, crea oggetti di falegnameria. Lei che, con il suo tocco caldo, può dare la vita alle cose.
Le strade dei fratelli Yaga si sono divise da un po’ di tempo, ma con l’arrivo della loro eredità europea si troveranno a vivere di nuovo sotto lo stesso tetto.
Cardospina è una storia di misteri, e non solo quelli che riguarderanno la casa, di cocciutaggine e di una scarsa propensione alla comunicazione.
L’arrivo della casa su zampe di gallina scombussolerà tutti i piani. Ci saranno scene divertenti, se ve lo state chiedendo, Cardospina capisce solo lo yiddish e, per chiederle di muoversi, i due fratelli dovranno imparare a darle qualche comando.
Devo ammettere che i fratelli si immergono nella cultura d’origine con una certa pigrizia, ma non restano sordi al richiamo che la casa esercita su di loro.
Imparerete presto che la gallinella con porte e finestre ha anche un bel caratterino, un po’ come ci si aspetta, in fondo, dalla casa di Baba! E diventa lei stessa voce narrante di alcuni capitoli.
In Cardospina ho apprezzato tantissimo la traduzione, che rispecchia lo stile poetico, a volte fiabesco dell’autrice, ponendo i giusti accenti nelle parti più cupe della storia.
Perché ho scelto di fare uscire Cardospina la notte di halloween?
Perché è una casa su zampe di pollo? Anche.
Cardospina è il calderone della strega che bolle sul fuoco, un racconto unico dove passato e presente si mescolano, dove il teatro, la commedia si unisce ai toni macabri di un passato sconcertante. Dove il romanzo incontra il racconto popolare, il folklore europeo si scontra con la modernità americana e ne nasce una storia unica, una storia che ci parla di origini, di sogni e di sofferenze, solo all’apparenza dimenticate.
Con uno stile a volte macabro, Gennarose non ci risparmia dalla sofferenza, dalla paura. Con maestria mette su un cattivo che è la paura stessa, il pregiudizio, i sussurri, l’isteria, l’odio di massa.
Se vi lasciate ingannare dalla copertina, penserete ad un racconto per ragazzi; e beh, dipende da che range d’età intendiamo per “ragazzi”.
La trama di Cardospina non è facile da raccontare, perché il rischio di sciogliere il mistero è sempre dietro l’angolo. Come già abbiamo detto, ci sono due fratelli che discendono dalla famiglia Yaga, ma vivono in America da generazioni e anche i loro genitori non sono utili per riallacciare i fili col passato, anche se non è poi così lontano.
Ereditano una casa viva, che corre su zampe di gallina e allora, da marionettisti e teatranti, pensano di poter mettere su uno spettacolo. O almeno lo pensa Isaac, che ci vede una possibilità di guadagno, e di risarcimento dei propri debiti. Mentre Bellatine vorrebbe continuare una vita defilata che all’interno della nuova casa sembra quasi realizzabile.
I fratelli cominciano i lavori di ristrutturazione, le prove de Il buffone annegato, ma contemporaneamente ci accorgiamo che la gallinella non è l’unica cosa arrivata dall’Europa. Qualcosa la insegue, qualcosa la cerca, ha la forma di un militare, modi cordiali, un viso tondo e pulito, ma fa discorsi strani, incitano alla discordia; discorsi su paura ed epurazioni, su un mondo più sicuro, aizza le persone. Dove passa lui lascia indietro la morte e quando si specchia ha molteplici ombre.
Inizia la tournée e inizia l’inseguimento, prima inconsapevole, man mano sempre più pressante e cosciente.
All’interno del libro i capitoli si alternano, il racconto al presente si mescola ad un altro racconto, quello della casa, che, sempre al presente, ci parla però del passato, di uno shtetl in Russia durante i pogrom (attacchi di matrice antisemita, appoggiati dalle autorità) e un poco prima, quando la storia si fonde al mito e il mito torna storia.
Nel presente e nel passato assistiamo inermi a una lunga sequenza di orrori, se cercate una lettura perché vi piace il sangue, è sicuramente questa, se invece la crudeltà e l’ingiustizia vi spezzano il cuore, evitatelo.
In Cardospina, però, c’è anche tanta poesia, tanta dolcezza, i momenti belli, semplici, risaltano come diamanti, in un panorama che ci mostra quanto è facile perderli, perdere la quotidianità di un bambino che gioca, di una madre che canta, di un mercato di paese, del sabato alla sinagoga.
Durante la lettura, molte sono le volte in cui mi sono ritrovata a pensare ad IT; inizialmente mi sono chiesta perché, lo stile dei due autori non è affatto simile, e non è neppure per l’alternanza di capitoli.
La risposta sta nelle differenze, entrambi i libri portano in scena un nemico incorporeo, potente e difficile da distruggere, che gioca con le paure e che di paura è fatto.
Eppure Cardospina ha esercitato su di me un fascino particolare, molto diverso da quello del clown. Cardo è la casa di marzapane all’interno del bosco, lei stessa attrazione e maledizione, non puoi smettere di amarla anche se non puoi evitare di dubitarne.
Questo testo mi ha sorpreso, riuscendo a legarmi alla lettura, le pagine sono scivolate senza pesare, senza fare un conto alla rovescia verso il finale. Una delle cose che più mi allontanano dall’horror è la sua mescolanza con il fantasy. Mentre in Cardospina l’horror si mescola al reale, a ciò che è realmente accaduto, alla realtà crudele della guerra, al potere dei sussurri sbagliati che mobilitano le folle, mettono gli uomini contro gli uomini, i vicini, ammazzano i vicini, gli amici si tradiscono.
“Bugie? Certo, sono bugie. Ma cos’è una bugia se non una storia? E, ah, che potere ha una storia quando la sussurri all’orecchio di un uomo armato.”
I greci credevano che le emozioni più forti, i gesti più folli non ci appartenessero, che venissero instillati in noi dagli dei, in Cardospina ci dimostra come il seme del dubbio deve essere già presente, l’invidia, il pregiudizio, la paura, la benzina già versata per cui basta solo la scintilla, l’innesco esterno.
“Dal cancello del mercato entrano due soldati. Ditemi, quante storie vengono interrotte dai soldati? Centinaia? Migliaia? Io, da sola, l’ho visto succedere molte volte. La vita di una casa è più lunga di quella di un uomo. Abbiamo vissuto una guerra, poi un’altra, poi un’altra ancora. I campi di battaglia scoppiano intorno a noi e poi si placano. Le interiora fertilizzano il grano, i meli, i filari di tulipani carnosi. Dopo un po’, è difficile distinguere i ricordi degli eserciti. Sono in uniforme rossa, verde o nera? Portano toppe sul braccio destro o sinistro? In quale dialetto parlano la lingua della morte? Mi stanco. Lascio scorrere l’inchiostro che separa i dolori. Quando vi dico il nome di questo esercito, di questa guerra, è importante che voi capiate che non ha importanza. Non ha mai avuto importanza. Un soldato è un soldato.”
Questa è una storia che nasce dal dolore e dall’esigenza, una casa con le gambe, nata per scappare alla morte, e ad essa legata, un golem, per vivere.
Ma quello della nascita di Cardospina è un parto gemellare, lei, sopravvissuta, testimone e testimonianza di orrore, speranza, e l’Uomo dall’Ombra Lunga, dolore, fumo e cadaveri, sottrattore di memoria, perché quando l’orrore e la sofferenza si dimentica si può ripetere più facilmente.
Ma non è così, anche nella rinascita, nella speranza, nella vita che continua, il dolore non si dimentica, si tramanda nel sangue, in quello di Isaac che non riesce a fermarsi, continua una fuga cominciata anni prima di lui e in quello di Bellatine e nelle sue mani che possono portare in vita i golem.
“Ci sono molte storie sulle mie origini. Questa è solo una, non l’unica. La gente parla. Eccome, se parla! Quello che posso dirvi è che sono nata che già correvo. Sto ancora correndo e non ho in programma di fermarmi. Naturalmente la gallina aveva ragione a dubitare della mia legittimità come sua figlia. Non sono mai stata una brava pennuta. Però, sono una casa esemplare. Mi distinguo dalle case normali per due qualità fondamentali:
Non ho fondamenta. Al posto delle fondamenta ho due zampe da pollo, forti e irrequiete come una fionda.
Non risiedo in un singolo luogo. Restare ferma mi disgusta. Se provate a farmi stare ferma, vi uccido.”