Brutta – Giulia Blasi : recensione

Quando ho visto per la prima volta il libro di Giulia Blasi, Brutta – storia di un corpo come tanti, ho pensato che fosse l’ennesima storia della vita, e del corpo, di qualcuno che non conoscevo. E per questo motivo non mi riguardava o poteva riguardarmi solo in parte.

A voler essere sinceri pensavo anche che fosse l’ennesimo libro di una che sicuramente brutta non lo era per niente; perché è anche un po’ questo il punto, portarci sempre a credere che le altre donne non abbiano i nostri stessi timori e sentimenti. Ma ci arriveremo dopo.

La decisione di leggerlo è nata solo dopo un nostro brevissimo incontro, durante il quale, con il suo giaccone da biker, mi è sembrata un tipo molto cool, con delle cose interessanti da dire (beata ignoranza direte voi, è vero, ma le dinamiche degli incontri servono spesso anche a questo).

Dovrei cominciare subito col dire che appena terminato l’ho consigliato a tutti, e lo facevo saltar fuori durante le discussioni. Non fate come me, risparmiate i tentennamenti, e non fatevi ingannare dal titolo; che tu sia o ti senta o ti dicano di essere bella o brutta, questo libro ti riguarda e non lo sai.

Perché? Perché sei una donna, e hai un corpo, e quel corpo, da un certo punto della vita in poi, non è stato più soltanto tuo.

“[…] se sei una donna non ti puoi mai dimenticare di avercelo, un corpo. Puoi al massimo prendere delle decisioni su come e quanto mostrarlo, e le prenderai, con maggiore minore successo, e puoi essere sicura che non saranno mai soddisfacenti, come puoi essere sicura che tutti vorranno avere un’opinione in merito.”

State pronte, perché il libro di Giulia Blasi, partendo da una cosa molto limitata e personale, come può esserlo, appunto, il suo corpo, e non quello di un’altra, tocca un discorso molto più ampio che alla fine, di corpo, tocca anche il tuo. È un discorso molto diretto, senza fronzoli e orpelli, e proprio per questo riesce a comunicarti molte verità, a mettere insieme mezzi pensieri che avevi già fatto e che ora puoi vedere su carta.

Il corpo, partiamo proprio da questo, non importa se da bambine siete state bellissime o meno, quello è più personale e riguarderà voi e le storie che girano all’interno del vostro nucleo familiare. Ma quelle possono restare dove sono, se abbiamo l’accortezza di nascondere gli album familiari!

È importante invece, che da un certo punto in poi, il vostro corpo, che avete sempre avuto, non è più “solo”. Improvvisamente quel corpo che fino a qualche mese prima andava bene per correre, saltare, andare in bicicletta, adesso non basta più. Col cominciare dell’adolescenza, e ormai sempre prima, il tuo corpo deve piacere, e ovviamente non a te. Deve conquistare ad una prima occhiata, deve parlare per te, non importa se sei intelligente, spiritosa, allegra, imbronciata, tutto questo non importa più. Importa che sia, di colpo, bello, attraente, ed ovviamente questo cambia anche con i canoni del tempo.

A seconda del momento storico, devi avere la grande fortuna di rientrare in quei canoni. Se in quel momento va di moda il fisico asciutto, longilineo, a pera a mela a clessidra, tu ragazzina imparerai due lezioni importanti: se non hai le caratteristiche giuste, comincerai a ricercare, ma soprattutto comincerai ad odiare quelle che invece sono state benedette dalla genetica. Ed ecco perché il tuo corpo non è più solo, perché è in mezzo a quelle di tutte le altre, in competizione, con quello delle altre e soprattutto non ti appartiene più, a chi vuoi che importi se ti piaci? Se ti piaci e non piaci agli altri, ti devi vergognare, ti devi adeguare alla vergogna, come tutti.

Ma tutto questo perché, ci pensate? Per piacere, per piacere a persone che poi invece a noi nemmeno piacciono. Per gli occhi degli altri, per un giudizio che dobbiamo avere sempre addosso e che non dobbiamo dimenticare.

Tenere sempre a mente che le altre donne sono solo un nemico. Sono la concorrenza, che non sono come noi, prese anche loro da dubbi, incertezze, da pensieri che esulano dal dover pensare sempre a quel difetto fisico, da nascondere al meglio affinché nessuno lo veda, affinché nessuno possa mettere in dubbio la tua bellezza.

Perché sì, la notizia stupirà i più, ma una donna non passa la sua giornata solo a pensare a quanto è più o meno figa oggi.

All’interno di Brutta, il discorso di Giulia Blasi ruota anche intorno a come la società sia sempre pronta a tenerci divise, a non farci fare fronte comune. E se lo facciamo, se ci proclamiamo femministe, se usiamo la parola femminismo, allora facciamo schifo al cazzo, siamo brutte.

Brutte e giudicate dall’onnipresente cazzo.

“Come se il cazzo fosse una barchetta magica che ti fa smettere di avere opinioni, come se il maschio medio avesse davvero la capacità di obnubilare ogni posizione politica dissenziente con la sola imposizione della sua nerchia… ragazzi io non voglio dire, ma vi state un tantinello sopravvalutando. Del resto, sai che novità: lo fate sempre.”

Ma vi svelerò un segreto: “nessuna, nessuna, nessuna, era femminista perché era brutta e quindi i maschi la schifavano. Eppure è successo a tutte, o a quasi tutte, di sentirselo dire: sei femminista perché sei cessa […]”

Ma cazzi a parte, in aggiunta al discoro di Giulia Blasi, io oserei dire che oggi l’asticella sia ancora più alta. Devi piacere a tutti, devi piacere al cazzo, alla vagina, agli haters che segretamente devono amarti.

Nonostante al giorno d’oggi ci siano segni di cambiamento da parte della società, movimenti sulla diversità, la body positivity, non siamo ancora pronti ad un vero cambiamento; una canzone dice che le vetrine social sono le vetrine di Amsterdam, ci vendiamo tutti un po’, vendiamo il nostro lato migliore per avere più follower, più gifted by rispetto a qualcun altro.

Il pericolo di restare fermi sempre negli stessi cliché, i soliti schemi, è sempre a portata di mano perché: “Il mondo ti perdona tutto, meno che la riluttanza ad allinearti senza fare storie. Se sei brutta, diventa bella. Se sei bella, camuffati un po’. Se sei grassa, diventa magra. Se sei magra, diventa tettona. Se sei intelligente, vola basso. Se parli molto, parla di meno. Se sei visibile, fatti piccola.”

Nutro grandi speranze nell’epoca moderna, di possibilità di cambiamento, e anche se ho semplificato di molto, perché la bellezza non è un discorso che influenza solo la tua chiavabilità agli occhi degli altri, ma influisce anche il rispetto che credono di doverti dare, ovunque e anche sul posto di lavoro, influisce sulla tua credibilità, spesso proprio di poter svolgere quel lavoro. Spero che le nuove generazioni, che si stanno, in alcuni casi, mostrando più sensibili al tema, possano liberarci tutti, almeno un po’, dal pesante dogma della bellezza, della perfezione fisica.

Poter dare a tutti la possibilità di: “[…] smettere di pensarci, ecco. Volermi bene quando capita, volermi male, ignorarmi quando va bene perché ci sono cose più importanti. Non ci riuscirò, pazienza. Vivrò lo stesso più a lungo che posso, più in largo che posso, più forte che posso, da bella, da brutta, finché non sono stanca.” Come insegna Giulia Blasi.

Oriana D'Apote

Oriana D'Apote classe ’93 un pendolo che oscilla tra la Puglia e l’Abruzzo. La mia prima natura è quella di ascoltatrice di storie, con l'animo inquieto sempre alla ricerca di qualcosa, il dettaglio, la poesia. Sogno di acquistare centinaia di fiabe illustrate, leggo storie crude. Vivo come il protagonista di un noir a colori dove alla fine prenderò il cattivo, risolverò il caso.

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