Balena di Giulia Muscatelli è stato uno dei miei acquisti al Più libri più liberi a Roma. Ho letto la sinossi ed ho pensato:

Umorismo a parte, Balena è uno di quei libri per i quali vorresti abbracciare l’autore. Abbracciare Giulia Muscatelli e dirle: grazie!
Grazie, perché se all’interno del libro c’è davvero un po’ di te, allora sei un’anima affine. Sei qualcuno che capisce e non importa quanto esteriormente diverse due persone appaiano perché ognuno di noi ha un immenso dolore al centro della pancia, come un ammasso di sassi, e questo libro lo rende evidente, e questo dolore può avvicinare. Anche due sconosciuti.
Questo lo avrei detto a Giulia se l’avessi incontrata, o forse le avrei detto solo grazie, sperando che in una parola potesse cogliere tutto il sottinteso.
Il dolore a volte può unire, e a volte no, come succede alla protagonista del libro che, circondata da adolescenti che come lei soffrono, non riesce ad instaurare un singolo legame, ma Roberto Gessi ce lo spiega bene che l’adolescenza è una savana e la preda che zoppica più vistosamente viene bersagliata. Ma in fondo, di tutti questi adolescenti, non ce ne era uno che, per un divorzio, per un lutto, per i sempre, rotturedicazzo, canoni di bellezza, non soffrisse.
Balena è un libro che dovreste regalarvi, se avete perso qualcuno all’improvviso, se lo avete perso quando eravate troppo giovani, se questa perdita vi ha portato via qualcosa, l’appetito o se l’appetito ve lo ha messo. Se avete una mancanza, dovreste comprarlo.
Vero è che è un percorso, quindi funziona meglio se si ha vissuto qualcosa di simile, o la si sta vivendo adesso, non c’è età nella sofferenza; ma, Balena, resta comunque una carezza che potreste farvi, magari neppure sapere di averne bisogno, ora, o al vostro io passato, alla vostra personale balena o qualsiasi altro animale vi sentiate o vi siate sentiti.
Balena è la storia di una bambina normopeso, tutto sommato felice, che d’improvviso deve affrontare la perdita del padre, con tutto ciò che purtroppo ne consegue, il cambiamento finanziario, l’attaccamento all’altro genitore, questa madre che si fa davvero in quattro per loro, per la casa, per la memoria del marito, per la sua famiglia, e soprattutto, il raddoppio del suo peso.
Questa bambina, orfana di padre, si trova a cominciare le medie con troppo peso addosso, e non importa se questo peso lo avesse anche nel cuore, ai coetanei non interessa di certo. Alle medie i ragazzi hanno una cattiveria altissima, quella di bambini che ancora sono e quella degli adulti che diventeranno, troppo impegnati ad emergere che a guardare verso l’altro.
Parliamo dei primi anni del 2000, in cui essere un’adolescente, che non è mai facile, lo era ancora meno, se non rispettava il canone estetico. Ecco, io non so se ve lo ricordate, dato che ora, almeno formalmente andiamo verso una maggiore inclusività, ma la parola “inclusivo” in quegli anni era ancora una perfetta sconosciuta. Il canone era la magrezza, estrema, enfatizzata, osannata, da ricercare in tutti i modi con diete estreme che venivano pubblicizzate sui giornali come i rimedi delle star e la moda si adattava di conseguenza. Come se allo stereotipo si dovessero adattare per forza tutti e il diverso non esistesse.
Ovviamente si sbagliavano, non c’è nulla di più brutto, per un giovane esemplare di adolescente, del non potersi omologare al branco, già ti senti diverso, già ti ci fanno sentire, ma non poterti omologare neppure con l’abbigliamento è una conferma di diversità visibile a tutti. Sei l’esemplare albino, o sei proprio di un’altra specie e infatti non tardano a trovarla, una specie nuova, tutta per lei.
A lei, privata del padre, del piacere di vestirsi, del fare amicizie e vivere nuove esperienze, viene privata anche del suo nome e della specie umana.
No, non è un’esagerazione, non stiamo cercando di mistificare il bullismo. Il bullismo c’è stato, insieme a tanto altro, e di sicuro non ha aiutato, in un periodo di grande fragilità come può esserlo il cercare di elaborare un lutto.
Che poi se qualcuno sa dirmi o ha capito che cazzo significa elaborare un lutto, me lo venga a dire, perché non è proprio come trovare la soluzione ad un problema di matematica.
In ogni caso, vi spoilero, Balena ce la fa, ci vorranno anni, forse un bel po’ di vita, ma Balena torna umana. Balena però non è il male, non è il nemico, è una parte, una parte di ognuno di noi, rappresenta la fragilità, il dolore, di quello che siamo, che viviamo, ed è anche la paura, che per proteggerci da altra sofferenza alle volte ci blocca.
Balena non è solo grasso, potete chiamarla salamandra o cardellino o pastore del bernese, la sua essenza non cambia, non si altera, siamo noi che impariamo da lei, a relazionarci, a gestirle, forse ad accettarle, e perché no!, ad amarle, tutte queste paure che fanno parte di noi.
Se state cercando un libro leggero, non fatevi ingannare dal peso in grammi, perché è un libro mastodontico, un cetaceo da libreria. Ma chissà, leggerlo potrebbe farvi bene, anche se non siete stati grassi o non siete stati bullizzati, potreste essere, o essere stati un animale di un’altra specie, magari una talpa o una gazzella che cercava di nascondere il suo zoppicare.
Per tutte le specie ci può essere un dolore che unisce e potreste trovarlo qui.