Alla ricerca di Nino Manfredi – Andrea Ciaffaroni : recensione

Andrea Ciaffaroni è una garanzia, infatti ho preso Alla ricerca di Nino Manfredi con la certezza di trovare un testo ottimo; già leggendo gli altri suoi libri si può capire la preparazione dell’autore e la gran capacità di ricerca.

Ho un problema con Ciaffaroni: è così bravo a raccontare gli artisti che vien voglia di recuperare la loro carriera. Era già successo con Peter Sellers, ora è accaduto di nuovo con Nino Manfredi. In questi mesi ho visto la maggior parte dei suoi film proseguendo di pari passo nella lettura, immergendomi totalmente.

Riconfermo ciò che pensavo di Manfredi, ovvero che spesso basta la sua presenza a migliorare una pellicola. Anche i prodotti filmici più noiosi acquistano qualche punto con la sola apparizione dell’attore. I gesti sono calibrati al millimetro, puliti come solo l’apprendistato teatrale può insegnare. L’artista ciociaro frequenta l’accademia Silvio D’Amico negli anni d’oro di Orazio Costa, uno dei maggiori Maestri del teatro novecentesco. Tra i compagni di corso figurano Tino Buazzelli, Paolo Panelli e altri attori ben presenti nel cinema e nel teatro degli anni a venire.

In questi anni Manfredi perfeziona la mimica rendendo unico ogni suo personaggio, dal modo di muovere le mani fino ai micromovimenti del volto. Non a caso molti registi ricordano l’attore come un perfezionista.

Nel libro troviamo parecchi ricordi diretti della moglie Erminia, preziosissimi, e c’è un’analisi minuziosa della vita di Nino Manfredi. Il lavoro filologico tra le dichiarazioni dei partecipanti ai film è di alto profilo, eppure il testo è così scorrevole da poterlo leggere come un romanzo. Scopriamo un attore sempre attento ai propri binari, completo nella sua arte e pronto a battersi per le idee delle opere in cui partecipa.

Ammetto che in certi punti risulta antipatica la sua smania di partecipare alla stesura delle sceneggiature, anche quando poi non verrà accreditato (quindi soltanto nell’ottica del miglioramento del prodotto, senza finalità “da curriculum”). In compenso litigherà con pochi registi, anzi, cercherà sempre di prendere/rubare il meglio da ogni artista. Ad esempio il volume mi ha messo una curiosità assurda riguardo i Tre atti unici di De Filippo del 1952. Il racconto di Manfredi fa capire la magia che nasceva intorno al grandioso drammaturgo napoletano.

Prendete carta e penna perché, se per le esperienze teatrali abbiamo poche testimonianze, nella sua lunga carriera cinematografica ci sono diverse perle che purtroppo passano poco in tv ma andrebbero recuperate.

Consiglio cinque film sapendo di far torto a quasi tutti gli altri. Per intenderci: Operazione San Gennaro (1966) è tra i miei film preferiti in assoluto, lo so a memoria, ma è così noto che lo do per scontato. Qualora non lo fosse, prendete il cilicio buono per un paio d’ore. Poi guardatelo tre o quattro volte di seguito perché bisogna recuperare anni in cui avete perso le mie citazioni. Ma andiamo con ordine (rigorosamente cronologico, per non far torto a nessuna pellicola).

La ballata del boia (El verdugo, 1963)

Tra gli sceneggiatori c’è Ennio Flaiano, una tra le più grandi garanzie. Un film davvero atipico, Manfredi diventa un boia per mandare avanti la famiglia, ma accetta solo perché sa che le convocazioni per le pene capitali sono rare. E invece…

Humor nero di livello, pellicola coraggiosa e introvabile per diverso tempo, una vera chicca. Nel 1980 è stato giudicato il miglior film iberico di tutti i tempi.

Signore e signori, buonanotte (1976)

Film a episodi, parodia di un palinsesto televisivo. Il cast è pazzesco: Mastroianni, Tognazzi, Gassman, Mario Scaccia, Adolfo Celi e tanti caratteristi che porto nel cuore da sempre. Il segmento con Nino Manfredi è Santo Soglio, ultima puntata di una serie sulle lotte intestine per salire al soglio pontificio. Il Nostro è un cardinale moribondo, protagonista assoluto. La regia è di Luigi Magni, altra garanzia.

La mazzetta (1978)

Questo film di Sergio Corbucci mostra una Napoli che amo, e il merito è probabilmente di uno sceneggiatore al suo esordio, Luciano De Crescenzo, che piazza diversi semi che poi fioriranno in Così parlò Bellavista. Colonna sonora di Pino Daniele. Dovrebbe bastare. Nel libro di Andrea Ciaffaroni c’è una bella testimonianza dello scrittore napoletano: Manfredi vuole sessioni di scrittura da 10-12 ore, pause solo per i pasti. Questa dedizione porta però i suoi frutti nel film.

Café express (1980)

Nanni Loy, per me, ha sbagliato solo il terzo capitolo di Amici miei. E non è neanche così imperdonabile. Café express è tra i suoi migliori. Nonostante gli incassi dell’epoca (oltre 7 miliardi di lire) e i due Nastri d’argento (miglior attore protagonista e miglior soggetto), penso di aver conosciuto meno di cinque persone che hanno visto questo film. Manfredi è un napoletano più vero di un napoletano, e il suo personaggio è scritto e recitato divinamente.

Spaghetti House (1982)

In questo caso, leggendo il libro, ho avuto un sussulto. Il film mi era piaciuto tantissimo quando ero un ragazzino di quindici anni che cercava di recuperare le tante perle del cinema italiano. Ciaffaroni parla di un film “che non convince. Troppi buoni sentimenti, poche sorprese che in un film del genere dovrebbero essere d’obbligo, e invece la regia è incerta fra farsa (l’inettitudine della polizia) e dramma (lo sfogo di Manfredi nei confronti del commissario)”. Con gli occhi di oggi, dopo anni di 3-4 film al giorno, è così. Però ho ritrovato tutte le cose che mi erano piaciute alla prima visione, quindi lo consiglio ugualmente. Possiamo parlarne ovviamente nei commenti!

Aniello Di Maio

Aniello di Maio è nato l’ultima volta a Castellammare di Stabia (NA), ma si definisce pescarese per evitare lo spirito di competizione. Allevato da un diplomatico presso l’ambasciata spagnola, ha acquistato un veloce eloquio, così veloce che è meglio leggerlo che ascoltarlo. Ha amato così tanto studiare Lettere moderne che ha trascorso almeno il doppio degli anni fuori corso, un po’per l’ansia dilagante, un po’perché non riesce ad essere serio a lungo. Neanche in quattro righe di biografia.

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