All the love I can get, il nuovo volume di Tommi Parrish, è un ritratto sentimentale di una generazione che affonda senza sapere come riemergere da quel marasma che è la vita.
Già è difficile gestire i rapporti, da sempre, ma nell’ultimo paio di decenni sembra sempre più complicato; eppure siamo in quella triangolazione storica in cui teniamo molto di più alla psiche e ai legami sani. Ciò nonostante, pare che dare un nome specifico a devianze non aiuti a cambiare, semmai a riconoscerle e nominarle mentre ci confidiamo in lacrime al telefono.
Nella graphic novel, l’intreccio è tra tre storie con protagonisti che mai dovrebbero incontrarsi. Conosciamo Eliza a un incontro di alcolisti anonimi, e qui penetriamo tra gli strati che hanno reso la sua vita più complessa da gestire. È difficile essere figli, ma non oso neanche immaginare cosa voglia dire fare il genitore. Anzi, FARE il genitore può essere relativamente facile, tutt’altro discorso per l’ESSERE, è una categoria che per forza di cose ognuno rappresenterà come crede, al meglio delle possibilità. Per iniziare, la protagonista non beve da cinque anni.
Eliza ha una grandissima passione per la poesia, e in All the love I can get la vediamo alle prese con reading poetici, uno dei modi più criptici per esprimere sentimenti. Proprio durante una di queste serate conosce Sasha, anche lei con il suo essere problematica e unica, come tutti. Vive sul filo del rasoio, come solo chi ha tendenze suicide può fare. I suoi genitori gestiscono la situazione giorno dopo giorno, cercando di capire le motivazioni da ogni punto di vista. Sono ormai rassegnati, ma non si fermano.
Uno dei rimedi alla noia, per Sasha, è il sesso. Laddove l’amore ha perso di significato, i soldi continuano a generare quel minimo di brivido che Sasha non prova nel resto della giornata. I due approcci sono agli antipodi: entrambe però cercano qualche forma possibile di amore. La gentilezza e la bontà di una donna che sente la sconfitta ogni notte quando va a letto, caratteristiche di Eliza, vengono scambiate da Sasha in segnali di buona disposizione a qualcosa di più.
I sentimenti camminano in punta di piedi, scorrono silenziosi dietro il fiume di dialoghi che Tommi Parrish intesse per nascondere il retro dell’arazzo. Le storie del ceto medio e medio-basso sono ricche di parole perché tutti siamo nella stessa melma da cui non riusciamo a scappare, e quantomeno cerchiamo di non gravare sugli altri. Le azioni sono limitate perché potrebbero far affondare qualcuno che già versava in condizioni non esaltanti.
Chi invece non bada alle parole – infatti certi suoi discorsi risultano offensivi – è Andrew, costruttore che sfratta chi è ai margini della società da stabili che diverranno abitazioni per gente facoltosa. Dal suo punto di vista è l’uomo giusto al momento giusto, che ripulisce il paese dalla “feccia”, mentre in realtà toglie quelle poche ultime certezze a chi fa già parte degli ultimi. Anche se sembra marginale, Andrew sarà importante per arrivare al bel finale, indeterminato come la vita.

I disegni di All the love I can get sono a loro volta indeterminati, con corpi grandi e teste piccole e sproporzionate, ma soprattutto anche nella stessa pagina i personaggi possono non assomigliare a loro stessi. I colori sono forti e creano contrasti ideali per il tipo di storia narrato. Per certi versi può ricordare persino Zuzu di Giorni felici. Di lieto non c’è nulla, se non nelle promesse del finale. Ancor più forte è la scelta di lasciare le briciole di positività all’immaginazione del lettore. Per ora provo solo a immaginare le prossime produzioni di Tommi Parrish.
Ne abbiamo parlato anche a Buongiorno Weekend di Martina Gatto, QUI la puntata!